domenica 19 aprile 2020

Formigoni difende la sua sanità

Non dico la sanità lombarda perché sulle scelte fatte in tal campo dopo di lui non mette la mano suo fuoco. Anzi. Ecco il testo.

martedì 15 maggio 2018

il Casaleggio-pensiero spiegato da Introvigne

Introvigne spiega l'ideologia di Casaleggio

11 marzo 2013
Ma è Casaleggio o è Crozza che imita Casaleggio? Ve lo ricordate il comico genovese che, a Ballarò, parodiava il guru dell'M5S? Aveva provocato l'ilarità degli spettatori dispensando una serie di previsioni del tipo: entro il 2017 non ci sarà più la carta stampata; tutto sarà in rete; ci sarà una terza Guerra Mondiale che farà sei miliardi di morti; il livello degli oceani si alzerà di 12 metri; ci saranno nuove elezioni mondiali. E giù risate. Già. Peccato che fossero citazioni fedeli. Tratte dal pensiero di Casaleggio, ispirato a sua volta al Progetto Gaia per un nuovo ordine mondiale in cui lui e Grillo sono organicamente inseriti (su Casaleggio.it è disponibile un video della descrizione del progetto). Abbiamo chiesto a Massimo Introvigne di spiegarci in cosa consistono esattamente queste teorie.
Che cos'è il Progetto Gaia?
Un'idea, fondata sulla concezione della Terra intesa come entità e organismo vivente e senziente, l'unica vera divinità. Il Progetto Gaia non può essere considerato un'organizzazione vera e propria. Pare che un tale livello di strutturazione al servizio di tali idee sia stata realizzata solo in Italia dall'M5S.
Ci riassuma il pensiero di Casaleggio
Crede che gli attuali 7 miliardi di abitanti del pianeta siano destinati a ridursi a causa di una serie di disastri ambientali e di guerre etnico-politico-religiose. Ci sarà, in particolare, un grande conflitto mondiale che durerà vent'anni. Alla fine, resterà solo un miliardo di esseri umani. Questi vivranno in un modo molto diverso da adesso. Molto più semplice ed ecologico. Internet avrà un'importanza fondamentale. La carta stampata e libri spariranno. L'unica grande società multinazionale a restare in piedi sarà Google. I sistemi politici, le ideologie, e le religioni non esisteranno più (Piazza San Pietro e Notre Dame saranno distrutte). Al loro posto, sarà subentrato Gaia, un sistema insieme politico e religioso. Non esisterà più nemmeno la democrazia rappresentativa così come la conosciamo noi. Sarà sostituita da una consultazione permanente attraverso internet.
Quali sono le radici di questa ideologia?
L'occultismo, l'esoterismo, i romanzi utopici di Uxley o di Philip Dick, e i film di fantascienza. Non è un caso che l'instaurazione di Gaia sia prevista per il 2054, anno in cui si svolge Minority Report.
Casaleggio è seriamente convinto di tutto ciò?
Sì. Ne è convinto. Tale pensiero rappresenta il fattore fondamentale della sua guida politica. Il che spiega anche perché per i grillini i problemi siano sempre “altri”. Per intenderci: a chi è convinto del fatto che siamo alla vigilia di una guerra in cui morirà la stragrande maggioranza delle persone, non gliene può importare di meno di mettersi d’accordo sul prossimo presidente del Senato.
I grillini sono consapevoli di tutto questo?
Secondo Casaleggio, il 90% dei contenuto di Internet è prodotto da un piccolo nucleo di persone, gli influencer, che, in pratica, domina il mondo. Evidentemente, è convinto di essere uno di questi. Ora, dal momento che secondo lui siamo in transizione verso Gaia, gli influencer rischiano di non essere compresi dalla maggioranza della popolazione, specialmente da quella parte più arretrata che reperisce informazioni tramite la carta stampata. Quindi, occorre un portavoce che medi tra la gente e gli influencer: Grillo. L’elettore e grande parte degli eletti, quindi, sono a conoscenza, al limite, dell’esistenza di Casaleggio, ma non delle sue idee. Lui stesso, ritiene che siano troppo complesse per renderle note al mondo.
E grillo ne è consapevole?
Lui stesso ha detto che, quando Casaleggio gli ha esposto queste teorie, si è chiesto se fosse un matto o un genio. Ha optato per la seconda ipotesi.
Crede che un tale fenomeno sia pericoloso?
Diciamo che queste idee le abbiamo già viste in tutte le nuove religioni utopistiche, dai Testimoni di Geova a Scientology. Con la differenza che i primi sono in circolazione da 130 anni, i secondi da quasi 60. Sono stati studiati, sezionati e approfonditi da centinaia di studiosi. Di segreto, hanno ancora ben poco. Un governo Scientology, sarebbe quindi prevedibile. Cos’ha realmente in testa questa piccola comunità settaria riunita intorno a Casaleggio, forse, lo sa solo Casaleggio.
L’obiettivo è la distruzione del cristianesimo?
L’obiettivo è il vecchio mondo. Destinato a sparire, per esser sostituto dal nuovo. Anche qui, non c'è nulla di nuovo. Già Compte, padre del positivismo, voleva sostituire il cristianesimo con la nuova religione civile. Era convinto che il passaggio al mondo nuovo sarebbe stato determinato dall’illuminazione delle strade e dall'energia elettrica. Casaleggio pensa sarà determinato da internet. Il modello è sempre lo stesso. 
 
(Paolo Nessi)
Da Il Sussidiario.net

domenica 26 giugno 2016

il giudizio di Tracce su Brexit

Europa: la crepa e la chance


24/06/2016 - Ieri la Gran Bretagna ha deciso per l'uscita dall'Unione. Scelta imprevista, ma non troppo. E ora? Al di là degli effetti economici che già si vedono, cosa accadrà in futuro? Nelle parole di papa Francesco, il compito che ci attende

 Alla fine, la tempesta è arrivata. Imprevista rispetto agli ultimissimi sondaggi, ma molto meno se si allargava lo sguardo agli ultimi tempi. A quel fardello di paure che nel tempo diventava sempre più pesante (le ondate di profughi, la crisi economica, il terrorismo) mentre gli ideali che hanno fatto nascere l'Unione si offuscavano, i rapporti si facevano sempre più sfilacciati e dovunque ha preso fiato un populismo nazionalista che usa solo a sprazzi la ragione, ma è bravissimo a far leva sulla pancia. La Brexit è realtà, la Gran Bretagna esce dall'Unione. Si è giocato troppo a lungo con il fuoco perché alla fine la casa non si incendiasse.

Fa persino impressione rileggere adesso la domanda del Papa che campeggiava sull'ultima copertina di Tracce, «Cosa ti è successo, Europa?». Francesco l'aveva appena fatta ad un'Europa «stanca e invecchiata, non fertile e vitale», dove i grandi ideali che l'hanno ispirata «sembrano aver perso forza attrattiva; un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice. Un’Europa tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione; un’Europa che si va “trincerando” invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società». Sono parole profetiche, e la migliore spiegazione possibile ai fatti di oggi.

Che cosa ci aspetta nell'immediato, lo stiamo già vedendo: mercati impazziti, turbolenze che dureranno settimane - se va bene - e in ogni caso non porteranno benefici, se non a qualche speculatore. È come aver dato una spinta all'indietro a un'economia globale che aveva appena iniziato a risalire una parete ancora ripida da scalare, dopo il collasso del 2008. Il rischio di una ricaduta nel precipizio è molto forte, e ci riguarda tutti.

In prospettiva, invece, è un'incognita enorme. Qualcosa di mai visto nella storia recente.
Il distacco non avverrà domani: gli esperti prevedono che ci vorranno almeno un paio di anni per completare tutti i passaggi, rescindere i trattati, riscrivere gli accordi. Ma potrebbero essere «due anni di disordine massiccio», come ha detto al New York Times Thierry de Montbrial, presidente dell'Istituto francese di relazioni internazionali. C'è il rischio che al primo pezzo di Europa che si stacca se ne aggiungano altri, che l'ondata diventi un maremoto. Ci sono da rivedere rapporti di forza tra alleati, non solo nell'Unione ma rispetto al resto del mondo (la Nato, la Russia, la Cina, l'Isis...). In ogni caso, si naviga a vista. In tutti i campi. Qualcosa che davamo per scontato, ovvio, non c'è più. O, perlomeno, non è più come era.

Chi legge Tracce, si è trovato spesso davanti ad esempi anche clamorosi di un generale «crollo delle evidenze», al richiamo all'impossibilità di vivere appellandoci solo a valori, certezze e beni dati che davamo per acquisti e che invece non lo sono più. Bene, questo momento - storico, letteralmente - ci pone davanti la stessa sfida, se possibile in maniera ancora più netta. Dove fino a ieri c'era una casa che pareva solida - la casa di molti noi -, oggi c'è una crepa, enorme, e il rischio di crolli.

È per questo che urge tornare a quelle parole del Papa, a quel giudizio chiaro. Nelle prime battute del suo discorso per il Premio Carlo Magno c'era un memento: «La creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia». Non è solo una cartolina del passato, un appello alla storia dell'Europa: è un richiamo alla sua anima, al suo dna, al suo oggi. Travagliato e incerto quasi quanto quello del Dopoguerra.

Ma nelle ultime righe c'è il compito affidato a noi in questo tentativo. «Alla rinascita di un’Europa affaticata, ma ancora ricca di energie e di potenzialità, può e deve contribuire la Chiesa. Il suo compito coincide con la sua missione: l’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e incoraggiante. Dio desidera abitare tra gli uomini, ma può farlo solo attraverso uomini e donne che, come i grandi evangelizzatori del continente, siano toccati da Lui e vivano il Vangelo, senza cercare altro. Solo una Chiesa ricca di testimoni potrà ridare l’acqua pura del Vangelo alle radici dell’Europa». Ecco che chance abbiamo, davanti alla Brexit e davanti alla giornata che ci attende oggi, là dove ognuno di noi è.

giovedì 26 febbraio 2015

Islam e ISIS: due realtà reciprocamente estranee?

Si sente dire che l'ISIS non c'entra niente con l'Islam, perché l'ISIS è barbaro e feroce, mentre l'Islam è mite e tollerante, religione di pace e di amore. Ora, le cose non stanno proprio così. E' un fatto che chi va a combattere per l'ISIS ha una forte motivazione religiosa, è mussulmano convinto, anzi ultraconvinto, è un ultras dell'Islam. Non è gente prezzolata, o che faccia quello che fa per motivi politici, o economico-sociali. Nella sua propaganda l'ISIS si propone come l'affermazione di un islam duro e puro, senza se e senza ma, e raccoglie l'adesione dei più fanatici (non dei "politici" più fanatici, ma dei "religiosi" più fanatici).
 D'altro canto è vero che l'ISIS è stata a lungo appoggiata da Stati Uniti (e forse Israele e altri paesi non mussulmani) per motivi non religiosi. Perché allora? Perché gli Stati Uniti di Obama hanno ritenuto che il nemico da abbattere, in qualunque modo, a qualunque costo, fosse Assad, contro il quale quindi armare l'estremismo sunnita (i nemici del mio nemico sono miei amici). Così Israele, memore della debacle contro Hezbollah, sciita, ritiene che sia l'islam sciita il nemico numero uno e può vedere di buon occhio chi mette in crisi tale realtà.
 Ma il fatto che realtà estranee all'islam abbiano favorito il nascere e l'affermarsi dell'ISIS non significa che l'ISIS sia esaurientemente una creatura di realtà non mussulmane né, meno ancora, che sia da esse manovrabile: è evidente infatti che esso gli è ampiamente sfuggito di mano e stia seguendo una logica propria, dettata da motivi e finalità religiose, islamiche.
 Del resto all'ISIS si ricollegano (riconoscendone in qualche modo il primato) realtà estremistiche islamiche come Boko Haram in Nigeria o come i jihadisti in Libia: anche lì si tratta di fenomeni di estremismo religioso (o, se si vuole, pseudo-religioso, se si consideri l'islam come un'ideologia pseudo-religiosa).

 Ma spostiamoci su un piano più teoretico: è compatibile l'azione dell'ISIS coi principi dottrinali dell'islam? Chiediamoci: che cosa sta facendo l'ISIS? Dovunque arriva si ripromette di costringere i non mussulmani sunniti (cioè cristiani, yazidi, sciiti e altro) ad abbracciare l'islam sunnita, sotto pena di eliminazione fisica o comunque di angherie e vessazioni insopportabili da una persona comune. Perché lo farebbe, se la sua motivazione fosse non religiosa?

 Perché dovrebbe spingere ad abbracciare una certa religione, contraddistinguendosi proprio per questo, se non gli importasse niente di religione?

D'accordo, si dirà, l'ISIS c'entra con l'Islam, ma non è vero il contrario: l'Islam non c'entra con l'ISIS. Eppure negli esponenti più accorti dello stesso mondo islamico è in atto un ripensamento: "non possiamo dire che l'estremismo sorga come un fungo, inopinatamente, sul terreno dell'islam" (si veda l'auspicio di Al-Sisi ripreso dall'imam dell'università di Al-Ahzar). Ci sono troppe coincidenze, perché si tratti solo di coincidenze. Del resto è una questione di logica: l'islam a) pretende di essere portatore della verità assoluta, b) e ha a disposizione, per diffonderla, solo mezzi umani, naturali (non c'è la grazia, il soprannaturale). Da qui all'uso della coercizione per convertire, il passo è brevissimo, è una deduzione logica.

 Per questo è urgente che nell'islam si apra un serio ripensamento: a) si accetti che il Corano va interpretato, e non va preso alla lettera, b) si accetti che la conversione a una rivelazione debba essere totalmente libera, perché così il Mistero vuole, lasciandoci liberi.

lunedì 16 febbraio 2015

Attacco all'Europa: il terrorismo islamico apre una nuova era

ISLAM-EUROPA
 
Attacco all'Europa: il terrorismo islamico apre una nuova era
 
di Samir Khalil Samir

Lo Stato islamico minaccia in modo diretto l'Italia e l'Europa. Il rischio più grande è la forza di imitazione che può spingere i "lupi solitari" a colpire. Il jihadismo dà uno scopo a giovani musulmani europei in crisi d'identità e di valori. L'uso spropositato e nuovo della parola "crociato". Un'operazione militare per ridurre la forza nociva e letale degli islamisti.


Beirut (AsiaNews) - Con l'attacco terrorista a Copenaghen di due giorni fa, è evidente come vi sia un'escalation del terrorismo islamico sempre più vicino all'Europa. Addirittura, nel video della decapitazione dei 21 egiziani copti, uno dei boia si vanta di essere "a sud di Roma".
Insomma questi terroristi stanno ormai per occupare l'Europa. Nel loro fanatismo violento e sanguinoso, il loro tentativo di "invasione" viene presentato con forti accenti confessionali, come una "anti-crociata".
Tutti i Paesi europei sono preoccupati nel vedere che il terrorismo si avvicina. Finora  si tratta di un terrorismo spontaneo, di individui, ma è chiaro che a provocare questi scoppi di violenza è la forza di imitazione che il terrorismo organizzato genera nei giovani europei.
Questa nuova era di terrorismo affascina giovani in difficoltà. Il supposto killer danese era uno che era già stato in prigione;  pure i due attentatori francesi di Charlie Hebdo e del negozio kosher lo erano. Il terrorismo organizzato offre uno scopo a giovani musulmani europei in crisi d'identità e di valori. Tutti questi giovani attentatori sono nati in Europa, figli di migranti islamici.
Un conflitto confessionalizzato
Tutto il mondo è in crisi, ma per i musulmani essa ha a che fare con la religione. Per questo, per loro la crisi viene ad avere un volto confessionale.
Certo ci sono accenti confessionali anche in Europa: molta destra europea agita le minacce contro i cristiani per raccogliere consensi; negli Stati Uniti vi sono uccisioni di musulmani giustificati come guerra confessionale; il premier israeliano Benjamin Netanyahu continua a citare le violenze che subiscono i cristiani in Medio oriente per giustificare  l'isolazionismo di Israele nella regione. E ora - a un mese dalle elezioni israeliane - spinge gli ebrei in Europa a emigrare in Israele per avere più sicurezza! Sono stato molto contento che il gran rabbino di Danimarca abbia chiarito la situazione e abbia criticato Netanyahu per questa offerta.
Di fatto, ogni Stato sta approfittando della crisi terrorista in funzione dei propri interessi: gli Stati Uniti cercano di riprendere una certa leadership senza fare molto; Israele cerca di giustificare il suo essere "indispensabile" alla salvezza degli ebrei; l'Europa è in affanno per le sue necessità energetiche. Ma questo impegno dell'occidente contro il terrorismo ha delle enormi falle. Ad esempio, le sfide e le violenze di Boko Haram in NIgeria, o i massacri contro le minoranze cristiane e yazide in Iraq, non ricevono la stessa attenzione.
La mia impressione è che si sia ormai formato un movimento terrorista in nome dell'islam. All'inizio esso era focalizzato solo nel conflitto sunnita contro gli sciiti e in parte continua così a livello locale (v. Libano, Pakistan, Iraq,...); ora si è allargato a un conflitto di islamisti contro l'occidente, dove l'occidente è definito sempre "crociato", per cui la lotta è fra islamisti e cristiani.
La parola "crociato" nella bocca dei musulmani è emersa all'incirca nell'ultimo ventennio. Nei libri di storia, anche quelli sulle crociate, la parola che si usava per indicare i combattenti per il Santo Sepolcro era "firing, franchi". Ora invece per definire un occidentale o un qualunque cristiano si usa la parola "salibi", di invenzione recente.
Questa parola ha avuto un grande successo nella propaganda islamista e nell'adesione di nuove reclute. E' di questi giorni la notizia che Ansar-al-islam è entrata nello SI con più di 1000 uomini.
Lo SI appare come un gruppo vincente, efficace e quindi i vari gruppetti sperano di entrarvi per avere più gloria, ma anche più soldi e finanziamenti. Questo del finanziamento dello SI e delle armi che vengono loro date è davvero un problema che nessuno affronta. In questi giorni essi hanno minacciato i loro nemici con degli Scud: questi non sono dei giocattoli, ma vengono da enormi vendite e cessioni.
Ormai lo SI sta assumendo una nuova dimensione: l'avvicinamento all'Europa. Ciò avviene sia con i piccoli pazzi locali, i cosiddetti "lupi solitari". I loro attentati fanno pochi morti a confronto con le centinaia e le migliaia uccisi dallo SI in Medio oriente, ma fanno molta impressione e clamore perché avvengono in Europa.
Libia, l'avamposto dello Stato islamico
Lo SI ha ormai scelto la Libia come suo avamposto. Ai suoi occhi la Libia presenta molti vantaggi: è un Paese allo sfascio, dove non funziona nulla e quindi le milizie hanno la libertà di fare tutto quello che vogliono; è un Paese che ha il petrolio, per cui se lo SI occupa pozzi e raffinerie potrà avere fondi a non finire per continuare la sua lotta. Se i jihadisti conquistano tutta la Libia, non avranno più bisogno del sostegno dell'Arabia saudita e del Qatar: saranno autonomi dal punto di vista finanziario. Anche l'attacco contro i Kurdistan ha lo stesso scopo: occupare i pozzi di petrolio del Nord Iraq per garantirsi una fonte di entrate.
Lo SI mira a queste zone anche per poter continuare l'avanzata verso l'Europa.
Citare l'Italia, come loro hanno fatto dicendo che "siamo a sud di Roma", è un passo strategico: l'Italia è la nazione europea più vicina alla Libia (senza contare l'isola di Malta).
Per conquistare l'Italia essi citano un strano detto di Maometto, che non si capisce da dove sia stato tratto.
Stiamo perciò passando da un evento islam-islam a un progetto più largo, verso l'Europa, pur senza dimenticare l'occupazione del Medio Oriente e il califfato.
Penso che l'Europa saprà difendersi, ma il turbinio e i messaggi che lo SI lancia creeranno difficoltà per decenni: si trovano sempre individui pronti a farsi saltare o a compiere attentati in modo imprevisto. E' una situazione molto più grave di qualche anno fa.
Finora l'occidente ha cercato solo di contenere questo pericolo dello SI e mantenerlo rinchiuso in Medio oriente, ma con gli attacchi di Parigi e di Copenhagen  il problema si è ormai diffuso in Europa e in occidente.
L'occidente guarda ai suoi interessi economici e politici, mentre il Medio oriente soffoca nella mancanza di democrazia a causa di regimi che l'occidente stesso sostiene.
La pista della guerra è allora l'unica possibile? In questo momento io temo che sia un passo inevitabile. E' da sperare che non scoppi una vera e propria guerra, ma che vi sia un'operazione militare che riduca la forza nociva di questi terroristi.
E' evidente che questi terroristi sono delle persone addestrate, capaci, efficienti. Anche i loro video sono perfetti dal punto di vista tecnico, spettacolari con i loro riti. Questa propaganda mette terrore a tutti e diffonde il senso che ormai l'umanesimo è un valore perduto.
La vera e l'unica soluzione pero' è nel ripensare l'Islam in funzione del mondo odierno. Ripensare la sharia in funzione della cultura dell'uomo moderno e della Carta universale dell'Uomo, senza cadere nel libertinismo e nel secolarismo occidentali. Questa è la rivoluzione culturale e religiosa che molti musulmani desiderano e tentano di fare, ma non sono sostenuti dai religiosi che decidono delle interpretazioni del Corano e della sharia. Di recente, il 28 dicembre scorso, il presidente egiziano, il generale Al-Sisi, ha chiesto agli imam dell'Università islamica più famosa del mondo, Al-Azhar, di fare "una rivoluzione religiosa", e intendeva questo.
Questa rivoluzione, questa riforma è indispensabile. Sono convinto che gli imam musulmani non sono in grado di farla in questo momento. Ma penso che noi cristiani possiamo (e dobbiamo) aiutarli a farla, e nello stesso tempo a rivedere anche noi le nostre stesse posizioni in Occidente, per ritrovare i valori comuni all'umanità e il rispetto delle credenze di tutti i popoli, anche se diverse dalle nostre.

da Asianews

lunedì 29 dicembre 2014

una buona destra e una buona sinistra

Una buona destra è quella attenta a tagliare le spese statali davvero inutili. Ad esempio bisogna trovare il modo per far smettere a certe regioni, come la Sicilia, di spendere il triplo o il quadruplo di altre, virtuose. Bisognerebbe trovare il modo di impedire che vengano sprecati i soldi pubblici in opere mai terminate (come denuncia pressoché quotidianamente Striscia la notizia). Bisogna pensare diversamente gli ammortizzatori sociali: la cassa integrazione e l'indennità di disoccupazione andrebbero intesi come dei prestiti e non come elargizioni a fondo perduto (ti do dei soldi perché se senza lavoro, per un certo tempo, ma quando il lavoro l'avrai trovato quei soldi, magari ratealmente, me li restituirai).
 Ma una buona destra non dovrebbe opporsi a che i ricchi paghino più tasse dei non ricchi: abolire qualunque tassa sulla casa, per qualsiasi tipo di casa, semplicemente non è giusto.

Una buona sinistra è quella che non considera inevitabile e strutturale un conflitto tra capitale e lavoro, per cui non ha un atteggiamento di odio verso i ricchi, non desidera azzerare le differenze sociali, facendo stare tutti peggio, ma ridurle, facendo stare tutti meglio. In altre parole una buona sinistra ammette che l'arricchimento di alcuni, purché onesto, possa giovare agli altri e quindi non vuole azzoppare l'intraprendenza degli imprenditori, ma solo darle delle regole, assicurare che essa porti frutti utili alla collettività.
 Una buona sinistra non protegge dei privilegi, ma protegge i più deboli, sapendo che i più forti possono sfruttarli. Non è contro il mercato, ma contro le storture del mercato. Non è contro la globalizzazione, ma contro le sue storture.

famiglia/famiglie

La famiglia nel suo senso pieno è quella tra un uomo e una donna, chiamiamola per intenderci famiglia tradizionale. Essa è una risorsa preziosa: l'uomo cresce bene se è accolto in una famiglia unita e responsabile. La differenza sessuale è buona ed è stata progettata dal Creatore della natura per assicurare all'uomo la continuità nel tempo, la procreazione. Tra le minacce che negli ultimi due secoli sono venute ci sono certamente il divorzio e l'aborto, intesi il primo come resa alle difficoltà che inevitabilmente insorgono in un rapporto di coppia e il secondo come non accettazione incondizionata della nuova vita (se intesi così: ci possono essere casi in cui la convivenza tra coniugi diventa oggettivamente insopportabile, o casi in cui il ricorso all'aborto si configura come scelta dolorosa apparentemente inevitabile: non giudichiamo le coscienze). E' bello che i due coniugi si mantengano fedeli reciprocamente e si amino per sempre, è più bello così che cambiare partner a ogni piè sospinto; è bello accogliere una vita che sta nascendo, anche se si è in difficoltà o anche se si prevede che non sarà conforme a determinati standard, è più bella una accettazione incondizionata della vita che una accettazione condizionata (ti voglio bene se...).
Le nuove forme di famiglia, tra persone dello stesso sesso, sono una minaccia alla famiglia? Il problema è complesso: lo sarebbero se le persone diverse fossero tali per una scelta arbitraria e capricciosa; ma se ha ragione il Catechismo della Chiesa a dire che ci sono persone con tendenze omosessuali profondamente radicate (§2358), cioè inestirpabili, allora non si dà proporzionalità inversa (tra le nuove famiglie e la famiglia tradizionale), perché le persone che danno vita a nuova famiglie non darebbero comunque vita a famiglie tradizionali; per tali persone l'alternativa non è tra famiglia tradizionale e nuova famiglia, ma tra nuova famiglia e solitudine, o, che non cambia molto, interminabile nomadismo affettivo, o ipocrita doppia vita.
Certo il legame tra persone dello stesso sesso non costituisce una famiglia in senso pieno e paritario con la famiglia tradizionale, tuttavia non vediamo obiezioni convincenti a che lo stato possa, senza ferire la giustizia, riconoscere loro una qualche forma di statuto giuridico. Controverso e spinoso resta il problema della adozione: prioritario su tutto è il diritto dei minori di crescere in un ambiente sano e accogliente, contrassegnato da gratuità e responsabilità, come non potrebbe essere un rapporto tra due adulti caratterizzato dalla compulsività. Non esiste un diritto di adulti ad avere un figlio (un figlio è sempre un dono, mai l'esito di una pretesa di possesso), esiste il diritto dei minori ad avere dei genitori responsabili e capaci di amore oblativo. Due genitori dello stesso sesso possono garantire ai figli un amore oblativo? Forse lo potrebbero, se vivessero il rapporto tra loro in modo oblativo e non compulsivo, cioè rispettando la sacralità dei loro corpi, cioè astenendosi da rapporti fisici, vivendo castamente. Ma, come si vede, la questione è tutt'altro che facile da definirsi. Nel dubbio, riteniamo sia meglio che due adulti soffrano per mancanza di figli, piuttosto che soffrano dei minori per mancanza di vero amore.